Qualche mattina fa ero triste per una notizia ricevuta. Mi sono ritrovata ad aprire Facebook e a rispondere ad un post con una faccina che rideva. Poi, come se stessi vedendo un film, mi sono osservata: stavo piangendo, ma i miei “amici” sapevano che stavo ridendo. Stavo comunicando qualcosa che non era affatto vero. Se avessi avuto fisicamente una persona davanti a me non avrei di sicuro riso. Quante volte succede ad ognuno di noi? Quante volte pensiamo di essere entrati in contatto con qualcuno semplicemente perchè lo abbiamo “incontrato” su un social? Quante volte stiamo con il telefono in mano o con il pc acceso “riempiendo” un nostro momento di solitudine?
E’ vero: la comunicazione è cambiata. E sarebbe stupido non stare al passo con i tempi. Ma siamo in grado di dare il giusto spazio a questa “evoluzione”? Perché in un’epoca in cui abbiamo infiniti mezzi per avvicinarci agli altri, si soffre sempre più di solitudine?
Qualche mese fa ho avuto l’opportunità di condurre classi di Yoga alla Fiera di Roma. E in quell’occasione ho testato i chakra a centinaia di passanti, tramite radioestesia. Ora non sto qui a spiegare nello specifico, però ci sono dei metodi che aiutano ad individuare quali sono i nostri “disturbi energetici” che si manifestano poi a livello emotivo e fisico. Il chakra che era maggiormente in scompenso era quello della gola, quello che controlla la comunicazione, la creatività, l’apertura verso l’esterno. Ma come? Siamo tutti connessi? Abbiamo supercellulari, social, chat, mail?! Si sono avvicinate tantissime persone e l’80% di queste aveva problemi nel relazionionarsi. Non superficialmente forse, ma nell’approccio “impegnato”, nell’espressione intima di sé. Ognuna di queste persone si sentiva a suo modo incompresa e sola.
Ci lamentiamo dei bambini che passano ore davanti ai videogiochi, ricordando con nostalgia i nostri pomeriggi a giocare a pallone o a campana. Ma noi che esempio stiamo dando? Ultimamente ci si stupisce di quanto sia diventato difficile vedersi. Si dà la responsabilità a Roma che è diventata caotica, al traffico, alla mancanza di tempo, agli impegni pressanti, ai mariti, ai figli, al lavoro. Saranno questi i motivi? Dieci anni fa non si lavorava? Non c’erano famiglie?
Probabilmente il fatto di vedere un amico che pubblica una foto su un social, ci fa sentire in comunicazione con lui. E un po’ lo siamo. Ma con quale parte di lui? Facciamoci raccontare. Incontriamo fisicamente. Parliamo. Ormai, anche per lavoro, si scrive e basta. Io sempre più spesso mi ritrovo a usare emoticon, perchè descrivono rapidamente quelli che prima erano sguardi, gesti, sorrisi, espressioni, abbracci…
Questo articolo non vuole essere una critica a nessun tipo di social che, in alcuni casi, ci hanno facilitato non poco la vita. Ma siamo sovraccarichi. La nostra mente non credo sia in grado di elaborare tutto le informazioni che riceve. Si accumulano “file” nel nostro sistema nervoso, si accatastano sensazioni, idee. E si perde il contatto.
Abbiamo bisogno di incontrarci.
Possiamo allenarci a perdere qualche abitudine. Potremmo iniziare a non interrompere quello che stiamo facendo per correre a vedere un messaggio appena ci arriva. A leggere un libro invece di giocare con l’iphone mentre siamo sull’autobus. A non guardare il telefonino appena svegli. E non dite “ah io quello non lo faccio”, perchè lo facciamo tutti in automatico, senza rendercene nemmeno conto.
I tempi sono cambiati, la comunicazione è cambiata, il nostro approccio alle cose è cambiato. Non possiamo di certo bloccare tutto questo. Ma possiamo gestirlo. Se non per quanto riguarda il lavoro, proviamo almeno per i nostri rapporti interpersonali.
Non litighiamo su whatspp. Vediamoci, diciamocene quattro e poi abbracciamoci. Non cerchiamo il tempo per incontrare gli amici, ritroviamo il piacere puro di farlo. E magari poi fotografiamo il momento se ci va e condividiamolo, non c’è niente di male. Ma non creiamo belle foto da condividere, creiamo occasioni da fotografare. Non serve spegnere i cellulari, basta gestirli. Selezioniamo. Scegliamo.